Viterbo CRONACA MENEFREGHISTA

 

Turista: "Scusi signore, mi sa dire dove posso trovare il Palazzo Farnese!".

Meco Torso: "Ah! ma lei se trova qui ma Veterbo, 'l Palazzo Farnese adè a Caprarola, ce se va facilmente passanno pe' la Strada Cemina!".

Turista: "Ma io sto cercando il Palazzo Farnese qui a Viterbo!".

Meco Torso: "E qual è 'sto Palazzo, tu Nanni' lo sai 'ndo' sta?".

Nanni': "Adè quello passato 'l ponte del Domo, quello su la destra, su Via san Lorenzo, p' anna' dal Vescovo".

Meco Torso: "A Nannì lo sae che nu l'ho capito, ma 'n do' sta?".

Nanni': "Ma daje, ce se' passato poc'anze davante, adè quello co' la catena mal portone pe' nun fallo aropri'".

Meco Torso: "Ah! quello cu la catena grossa tutta blu, attaccata ma le manije de 'l portone? ah! mo ho capito, la veggo tutte le giorne, quanno porto l'ova ma 'l Vescovo, aoh! so' de gallina ruspante sa', mica fregne!".

Turista: "Allora come lo raggiungo, per favore, il bel Palazzo Farnese?".

Meco Torso: "Ma ce vole poco da mequi, vae deritto, gire a destra, gire a sinistra, gire a destra, vae dritto, trove 'l ponte de 'l Domo e lo vegghe subbeto, c'ha 'na catena grossa grossa grossa che tene le manije de 'n bel portone, la catena adè blu, ma nun capisco Nanni', perché nun ce l'hanno messa 'n'antra de colore giallo, accossì faceveno le colore de Veterbo, forse 'n c'haveveno le sorde, anze l'euri".

Ma tu, che veni da fora la conosce la storia de 'sto Palazzo Farnese? mo te la fo aricconta' da n'amico mio, quello co' 'l fiocchetto, oh sì, qualche problema se porta 'sto fiocco ce l'ha d'ave', ma se lo confronti co' quelli de 'l Commune che ce guvernano, lue è 'n santo.

Leggia e magare arricopia quello che t'arriconta, così te 'mpari quarcosa che chi ha messo la catena manco lo sa! perché se lo sapeva la catena, così grossa e brutta, l'avarebbe messa ma n' te 'l su pollaro".

Turista: "Grazie, terrò a memoria la grossa catena blu!". (m.g.)

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Palazzo Farnese

Sorge presso il Ponte del Duomo, eretto su altro casamento duecentesco della famiglia Tignosi, protetto dalla Torre delle Beffe, il nome sembra derivi dalle biffe, le bandiere di segnalazione poste in tempo di guerra sopra le torri. 

Quello che oggi vediamo risale alla prima metà del XV secolo. Fu fatto costruire da Ranuccio Farnese, capitano della Chiesa nel 1431, della famosa famiglia si notano gli stemmi sulle finestre del primo piano. La prima finestra bifora reca uno stemma pieno di gigli, ridotti a sei, disposti 3 - 2 - 1, nella seconda finestra e uno nell’ultima.

La loggia, brutta e falsa ricostruzione lignea toscaneggiante, fu realizzata negli anni ‘20 del ‘900 e si affaccia sulla via ai nn. civici 97 - 99, un tempo doveva essere in peperino. 

L’ingresso del palazzo è al n° 101, dove sull’architrave è un liocorno con lo stemma Farnese. Il liocorno è raffigurato quale distintivo della Città di Viterbo sul pavimento del Duomo di Siena.

Chi entra si troverà di fronte ad un bel cortile in peperino animato da un gioco di ballatoi e dalla scala attaccata alle pareti. In questo palazzo si vuole che sia nato Alessandro Farnese il 28 Febbraio 1468, ma più probabilmente era nato a Canino, innalzato poi al trono pontificio col nome di Paolo III (1534 - 1549), il quale vi abitò per molto tempo unitamente alla sorella donna Giulia. Mario Signorelli scrive che Alessandro vi nacque il 23 Febbraio 1468 da Pier Luigi e da Giovannella Caetani.

Seguì nella proprietà Francesco Gabriele deceduto a Viterbo nel 1475 e nel 1561 fu ceduto in affitto a Ludovico Chigi, al quale fu consentito di alzare un muro e un tramezzo di tavole nella loggia sopra all’ingresso.

Sempre secondo Mario Signorelli il palazzo appartenne ai Farnese fino agli inizi del secolo XVIII, quando passò agli Sforza Marescotti per essere venduto, il 12 Gennaio 1749, a Giuseppe Nicolai.

Fu restaurato nel 1922 dall’Amministrazione dell’Ospedale che tolse le brutte finestre rettangolari dotate di persiane, ripristinando quelle a bifora lobate. 

Nel 1973 fu di nuovo restaurato da quell’Amministrazione, la quale vi ha sede, poiché aveva subìto diversi danni, come il crollo del tetto e del muro sino all’altezza delle finestre del secondo piano.

Oggi il Palazzo Farnese è abbandonato a se stesso da tanti anni e nessuno ne cura il ripristino e l'apertura.

Da "L'illustrissima Città di Viterbo" di Mauro Galeotti, Viterbo, 2002

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