Viterbo CRONACA
Andrea Stefano Marini Balestra

Il braccio di ferro tra il Governo Italiano e la “governance” europea di questi giorni conferma che le istituzioni europee, anziché favorire solidarietà e tranquillità delle nazioni membro, siano motivo di scontro, di divisione e, in ultima parola, motivo di accrescimento dei dubbi sulla effettiva utilità di far parte di un organismo artificiale quale è divenuta la Comunità Europea negli ultimi anni.

            Del resto, la Brexit e lo scorporo di nazioni una volta unite (vediamo per tutte la scissione della Cecoslovacchia) ed i sentimenti di autonomia all’interno di molti paesi, confermano il fallimento del “sogno” europeo fondato sul “Manifesto di Ventotene”.

            Le pretese della troika europea di Bruxelles appaiono ormai chiare che non sono volte al benessere dei popoli dei 27 paesi partecipanti, ma solo per la conservazione fine a se stessa delle costose ed elefantiache commissioni della comunità, quindi della conservazione della moneta unica, della BCE e compagnia cantante e delle laute prebende dell’esercito di impiegati a Bruxelles e Strasburgo.

            Abbiamo già osservato che il Presidente della Commissione Juncker, già primo ministro del Lussemburgo cioè di uno stato da operetta grande praticamente come una regione italiana, pretenda dettar legge in materia economica a 500 milioni di cittadini europei, quando certamente è stato capace di rendere il suo paese un vergognoso paradiso fiscale, ed altrettanto quel Moscovici, aderente al partito socialista francese battuto e ridicolizzato alle ultime elezioni in Francia che si erige a censore sulla base non si capisce quale.

La loro arroganza e maleducazione diplomatica, certamente deriva dalla certezza che il prossimo voto della primavera 2019, nelle votazioni europee, li spaccerà definitivamente.

            Sono proprio loro e non i nostri attuali governanti a lavorare per la fine dell’Europa.

            I cittadini ormai hanno da tempo percepito che le minacce di default delle nazioni in difficoltà, degli aumenti dello spread utilizzato come un’arma, dello spettro dell’aumento dei tassi di interesse sono solo un vano abbaiare e che ogni ricetta europea per rimettere in sesto le nazioni, proprio dall’adesione all’Europa ridotte alla fame è fallita ed assolutamente da non ripetere nelle prossima legislatura europea.

            Nessuno dice che la Comunità europea debba finire, solo chi vuole che cambi “registro” e diventi un’organizzazione che effettivamente dispensi solidarietà a chi è in difficoltà e non “stoppi” con ridicole “lettere” le aspirazioni di ogni singolo popolo.

            L’Italia, come le altre nazioni hanno nelle loro costituzioni il concetto di sovranità e questa deve intendersi in ogni campo, in particolare quello dell’indirizzo economico che in definitiva costituisce il nerbo politico di un’azione politica e di governo.

            Negare un’autonomia sul punto, quindi “obbedire” a Bruxelles è da ritenersi anche una pratica anticostituzionale (cfr. art.1 comma 2° Cost.), perché negazione della volontà degli elettori che appunto sono i sovrani di una repubblica.

            Quasi il 50% dei cittadini italiani ha votato il governo “Giallo-verde” e nei programmi dei partiti che lo compongono vi erano iniziative di carattere economico che ora stanno per diventare realtà.

            Non può l’Europa negare la volontà di milioni di elettori solo perché ai loro funzionari non eletti le scelte non piacciono.

            Il popolo italiano ha scelto il 4 marzo scorso perché le politiche fallimentari dei nostri precedenti governi dovevano cambiare ed appunto si cambi, volente o non volente la troika di Bruxelles, che, proprio stolidamente insistendo nella sua “vecchia” politica, firmerà la sua fine così come è avvenuta la fine del Partito Democratico che le scelte europee ha sempre condiviso e così ha accelerato la crescita della povertà e del disagio sociale.

 

 

 

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