Viterbo CRONACA

Il progetto Rehab, per rimuovere le barriere sanitarie in carcere

Avrà la durata di due anni e sarà sperimentato in soli due carceri europei, tra questi il Mammagialla.

Il 21 e il 22 gennaio i promotori dell’iniziativa si incontreranno presso l’ateneo della Tuscia per stilare le linee guida.

 

Parte da Viterbo l’importante progetto multilaterale UE Rehab, rimuovere le barriere sanitarie in carcere, realizzato nell’ambito del programma europeo sull’Apprendimento permanente degli adulti e le cui linee guida saranno discusse martedì 21 e mercoledì 22 gennaio al rettorato dell’Università della Tuscia.

La due giorni di lavoro è di estrema rilevanza perché, oltre al dare il via ufficiale a Rehab, riunirà tutti i promotori dell’iniziativa: l’Università della Tuscia, la Birmingham City University e le società di medicina penitenziaria di Italia, Spagna e Francia, (Simspe, Sesp e Apsep). Il meeting inizierà martedì mattina con una visita alla casa circondariale di Viterbo.

Rehab si pone l’obiettivo di diminuire le diseguaglianze sanitarie all’interno degli istituti penitenziari, di mantenere alta e stimolata la motivazione del personale carcerario e di migliorare le condizioni di salute, accrescendo le opportunità di apprendimento e le attività ricreative e riducendo i tassi di recidiva tra detenuti. Tutto questo passa tramite la realizzazione di processi formativi mirati al fine di promuovere una migliore comunicazione tra il personale penitenziario e i detenuti.

Il progetto avrà la durata di due anni e sarà sperimentato parallelamente in soli due carceri europei: il Mammagialla di Viterbo e l’Istituto penitenziario IV di Madrid. Attraverso appositi corsi di formazione multidisciplinari, si cercherà di ridurre i rischi per la salute pubblica dovuti alla custodia correzionale.

Seguendo le raccomandazioni dell’Unione europea, verranno anche realizzati moduli di apprendimento rivolti sia ai detenuti che al personale carcerario e saranno coinvolti 100 profili per istituto penitenziario, selezionati tra la popolazione carceraria e lo staff (sanitario, sociale, riabilitativo e di polizia). Inoltre, le università avranno il compito della valutazione complessiva del processo formativo, mentre le società di medicina penitenziaria quello della progettazione metodologica e dell’esecuzione sul campo dei principi stabiliti.

“In Europa - spiega Roberto Monarca, presidente della scuola di formazione della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe) – sono oltre 2 milioni le persone in stato di detenzione. Il Regno Unito è in cima alla lista dei tassi di reclusione con più di 150 detenuti ogni 100mila abitanti, seguita dalla Spagna (152), dall’Italia (112) e dalla Francia (111). E, mentre la popolazione carceraria cresce, le condizioni all’interno delle strutture rimangono critiche e debilitanti, sia per i detenuti sia per il personale penitenziario.

I detenuti sono sempre più caratterizzati da una preoccupante percentuale di disturbi fisici e psicologici, da una graduale esclusione sociale e da una consistente incidenza di malattie epidemiche. Esistono alti livelli di abuso di sostanze stupefacenti e casi sempre più frequenti di stress-lavoro tra il personale carcerario.

La mancanza di una continuità terapeutica tra dentro e fuori le strutture di reclusione, inoltre, richiede un intervento urgente. Per questa ragione il progetto Rehab può rivelarsi di vitale importanza anche alla luce dei risultati che saranno raggiunti e delle indicazioni che potrà fornire a livello europeo”.

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