Viterbo CRONACA diatriba intercorsa tra due appassionati latinisti 
di Claudio Santella

 

Dionìsio I, detto il Vecchio, conosciuto anche come Dionigi (430 a.C. – 367 a.C.) fu un tiranno di Siracusa

Caro Direttore, ho avuto modo di leggere, con attenzione e curiosità, la recente diatriba intercorsa tra due appassionati latinisti che rispondono al nome di Luigi Torquati e Carneade.

Oggetto e materia del contendere erano la figura del sindaco Michelini e del suo operato: impulsivo e pragmatico il Torquati, più riflessivo ed attendista il Carneade.

Entrambi si sono scambiati espressioni latine, asserendo il Torquati di conoscere quella lingua abbastanza bene per essere stato alunno di un illustre e preparato insegnante quale è stato il professor Alessandro Vismara, non asserendo niente il Carneade, che ha mostrato però, almeno a mio giudizio, di conoscere "praeterita cogitanti" un po' meglio del suo antagonista quella medesima lingua.

Nel seguire quella simpatica tenzone, m'è venuto in mente un brano latino, tradotto nella mia ormai lontana giovinezza, che mi sembra si attagli perfettamente ai due contendenti ed alla materia del loro contendere.

Niente di che, per carità, ma desidero sottoporlo all'attenzione dei signori suddetti e di quanti vorranno avere la pazienza e la curiosità di leggerlo.

Ecco il brano, che a me viene spontaneo chiamare "versione" ricordando i bei tempi scolastici. Del brano mi sembra corretto allegare anche la traduzione, della quale certamente non hanno bisogno né il Torquati né il Carneade.

Il suo titolo è: "Dyonisus tirannus et anus siracusana". Anus quaedam, cum Syracusani omnes Dyonisii tyranni mortem optarent propter nimiam morum acerbitatem et animi saevitiam, sola cotidie deos precabatur ne tyrannus morte raperetur.

Ubi hoc Dionysius cognovit, admiratus non debitam benevolentiam, arcessivit anum et cur ita faceret sciscitatus est.

Tum illa: " Hoc facio sciens. Cum enim puella essem et a saevo tyranno Syracusani opprimerentur, ego mortem eius optabam. Cum autem is necatus est, tyrannus taetrior dominationem occupavit de cuius exitio deos precabamur.

Nunc tu dominationem adeptus es, qui pessimus et crudelissimus omnium es. Quaproter ego, verens ne deterior sequatur, si tu opprimaris, deos precor ut diu te servent".

Traduzione:

"Mentre tutti i Siracusani si auguravano la morte del tiranno Dionigi per l'eccessiva severità dei modi e la ferocia di animo, soltanto una vecchia ogni giorno pregava gli dei affinché il tiranno non morisse.

Quando Dioniso venne a saperlo, incuriosito per la non dovuta benevolenza, fece chiamare la vecchia e chiese il perché facesse questo. Allora quella: lo faccio ben consapevolmente.

Quando ero giovane e i siracusani erano oppressi da un crudele signore, io pregavo per la sua morte. Quando quello fu ucciso, un tiranno ancora più malvagio prese il potere e noi chiedevamo agli dei la sua fine. Ora sei venuto a governarci tu, che sei il peggiore ed il più crudele di tutti.

E per tale ragione, nel timore che qualora tu venga ucciso ti succeda uno ancora peggiore, prego gli dei che ti conservino a lungo".

Una versione da scuola media inferiore una volta, da maturità oggi.

E' corretta, almeno per voi, signori contendenti, la traduzione?

Nescio: posteris difficillima atque ardua sententia. Valete atque valete, optimi maximi.

Claudio Santella

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