Viterbo RACCONTO  VITERBESI IN PENSIONE  Cool

Venerdì scorso pioveva, pioveva, pioveva… e io avevo un attacco di nostalgia dell’estate, di un pomeriggio soleggiato, di una passeggiata all’ombra degli alberi, di una sdraio sotto un ombrellone; avevo il desiderio di sentire una piacevole sete e di soddisfarla con una birra schiumosa e profumata di lieviti.

Ma era inverno, il pomeriggio volgeva rapidamente verso il buio della sera. Dovevo trovarmi una distrazione. Allora, con il pretesto di una spesa urgente, ma in realtà rimandabile anche di una settimana, sono andato al Centro commerciale ***.

Sono entrato, ho attraversato una “simil piazza”, percorso un breve tratto di “simil strada”;  poi mi sono seduto davanti ad un tavolino di un  “simil bar” con ambientazione “simil country”. Il luogo era così artificioso che ho pensato: “Qui, se chiedo un whisky, vuoi vedere che mi danno un bicchiere di “simil whisky”, cioè con due dita di tè, come si usa per gli attori in scena?”

Prego, non pensate male. Non avevo intenzione di bere whisky, era solo un’ipotesi ironica. Quindi al banco ho chiesto  la birra del desiderio estivo e me la sono portata al tavolo. Ma la buona sete estiva non c’era e la birra risultava insipida.

Deluso e scontento stavo per andarmene, quando all’improvviso mi sono sentito chiamare. Era mio cugino Angelo con l’inseparabile amico Alfonso.

- Ciao Aggì, anche tu qui! E’ proprio vero che ormai i centri commerciali sono diventati le piazze  della città, dove incontri amici e conoscenti!

 (Da un po’ di tempo Angelo mi chiama “Aggì” scherzando sulla sigla A.G.P. con la quale mi firmo su Lacitta.eu. Dice che Aggippì è troppo lungo e, come ha argutamente notato il  mio amico Luigi Torquati, “A.G.P. sembra il nome di una pompa di benzina”. Il nome “Aggì” mi piace, lo voglio adottare).

Voi tre o quattro lettori, che avete seguito dall’inizio i miei scritti su questo giornale, conoscete già Angelo e Alfonso; vi ricordate Ragno Bisagno e le divagazioni di economia?  Per quegli altri due o tre nuovi lettori, che spero di avere acquisito in seguito, dirò che Angelo è un insegnante in pensione, tuttologo, sempre pronto a salire metaforicamente in cattedra e a dare una lezione di storia, di politica, di economia…di tutto quello che volete. E’ un po’ “palloso”, ma ciò che dice è interessante.

Da notare che Angelo quando parla “ex cathedra” usa un italiano elegante, ma confidenzialmente usa volentieri anche il dialetto. Alfonso è un serio e autorevole maresciallo dei Carabinieri, anche lui in pensione. Sono una bella coppia di amici, tipo Sherlock Holmes e dottor Watson. Angelo e Alfonso si sono seduti al mio tavolo e abbiamo cominciato a chiacchierare.

- Però - ha iniziato Angelo – ‘sti nostri ‘ncontri stanno a diventà frequenti. Perché nun fondiamo un club? Lo potremmo chiama’ il  “Club dei 3 VIP”.

- Mi sa che ti stai “montando” un po’ troppo! - gli ho detto -  Da quando ti senti un VIP? Forse hai fondato uno dei club di Berlusconi? O sei diventato uno spin doctor di Renzi?

Angelo ride e spiega: - VIP sta pe’ “Viterbesi In Pensione”. Che te pensavi?

 Poi continua serioso: - Hai scritto nell’ultima puntata di  “Vocabolario impertinente” che sei rimasto sbalordito per le affermazioni di Luttwak e Severgnini. Come hai scritto? Ah…mi pare… “Diversità di un popolo”, no, aspetta, “Anormalità di un popolo”. Bene, allora devi dire al signor Severgnini che gli Italiani non sono affatto un popolo “anormale”, sono fatti in un certo modo, un po’ diverso dagli altri, e questa è la loro “normalità”. Mi spiego con una parabola.

“ Una madre portò il figlioletto allo zoo per fargli vedere gli animali veri, sia pure ingabbiati, e dimostragli che essi non sono come i pupazzi deformi della Tv, tipo  Peppa Pig, che ha il naso al posto dell’orecchio. Il bimbo notò che c’era una gabbia di scimmie grosse e tranquille e una gabbia di scimmie piccole e agitate. Chiese alla madre: “Perché quelle scimmie piccole si comportano in modo anormale, urlando, rincorrendosi e facendosi dispetti?”  Rispose la madre: “Quelle scimmiette si comportano in modo del tutto normale. E’ nella loro natura agitarsi e urlare. Sono come i politici italiani in TV, quelli che papà vede tutte le sere e ci si arrabbia”.

Ora ragioniamoci su. Tu, caro Aggì, hai citato Guicciardini per significare che gli Italiani sono “naturalmente individualisti”; questo comporta che sono anche imprevedibili, egoisti, indisciplinati, poco disponibili a ricordare e ragionare, infine anche incoerenti… come Renzi con Berlusconi.

Alfonso annuiva, ma io ci sono rimasto male… e che cavolo! Sono italiano anch’io e non credo di essere così difettoso… beh! si, forse un po’.  Quindi l’ho interrotto e ho replicato.

- Secondo te, dunque, gli Italiani sono “normalmente” pieni di difetti! Anche io e ovviamente anche tu, che pure ti ritieni un uomo speciale!

- No, - ha sorriso - non solo difetti! Perché a fronte di questo individualismo, anzi in conseguenza di questo individualismo, noi Italiani siamo creativi, artisti, improvvisatori… siamo geniali. Hai mai pensato che l’Italia è il paese più bello del mondo perché gli Italiani lo hanno fatto cosi, creando città, paesaggi, opere d’arte che tutti ci invidiano, musiche che tutti adorano, poesie che tutti apprezzano nonostante l’ostacolo della diversità di lingua? Tanti giovani vanno all’estero dove la loro, la nostra genialità è apprezzata.

E non parlo solo di scienziati. Anche un gelataio o un pizzaiolo italiano, se vanno per esempio in Germania, hanno sùbito successo. Purtroppo è vero che oggi l’Italia è in profonda crisi e non riesce ad uscirne. La crisi è mondiale, ma noi la soffriamo di più proprio per quell’individualismo esagerato che ci induce a litigare, a sospettare l’uno dell’altro, a sabotare, si! proprio sabotare chi tenta di fare qualcosa di utile alla collettività.

- Ma perché siamo così? Perché questa sarebbe la nostra normalità? – ha chiesto Alfonso, facendo da “spalla” ad Angelo.

- Non è né facile né sicuro trovare la causa prima del nostro individualismo. Secondo me esso deriva, almeno in buona parte, dalle numerose invasioni che l’Italia ha subito dopo la fine dell’impero romano. Le invasioni hanno prodotto due effetti. Il primo è che gli italiani originari hanno dovuto sempre subire gli invasori e quindi, in assenza della difesa da parte dello stato, hanno sviluppato un sorta di difesa individuale, fatta di astuzie e finzioni, almeno per poter sopravvivere.

Il secondo effetto è che i tanti invasori, diversi per lingua cultura e tradizioni, si sono fusi con gli italiani in modo incoerente, alcuni qua altri là, creando nuovi nuclei di popolazioni, che successivamente hanno dato origine a comunità locali, necessariamente chiuse per ovvi motivi logistici e politici.

Si formarono appunto i Comuni, autonomi, gelosi della propria autonomia e sempre in lotta tra di loro. I Comuni si trasformarono in Signorie altrettanto litigiose, poi in mini stati (regionali) tenuti in vita dalla protezione di Stati stranieri, dei quali in realtà erano succubi. Perciò mentre  in Europa nascevano le Nazioni (francese, spagnola, inglese, ecc), in Italia la Nazione non nasceva.

Nacque tardi nel 1861, a fatica, per opera di pochi e ignorata delle masse; ma per essere esatti in quell’anno nasceva la Stato italiano, non la Nazione. A Massimo D’Azeglio è attribuita la frase celebre: “Fatta l’Italia, dobbiamo fare gli Italiani”. 

E in conclusione c’è da chiedersi se almeno oggi noi siamo una Nazione, oppure se siamo rimasti una pluralità di “campanili”, nei quali esercitiamo l’arte del litigio continuo invece del confronto civile, il familismo e il favoritismo invece della meritocrazia.

Angelo ha preso fiato e sorseggiato con voluttà un vermouth.  Angelo è un raffinato all’antica e disdegna Coca Cola, Spritz e altri simili intrugli dai nomi esotici… e non parlategli di mode da “Happy hour”.

Ne ha approfittato Alfonso per entrare nella conversazione: - Sapete? La mia esperienza di tutore dell’ordine conferma proprio quello che dici tu, Angelo. Ho sempre avuto a che fare con persone litigiose e indisciplinate, che delinquevano più per queste caratteristiche  che per malvagità. Anche nel mio piccolo mondo di comandante di stazione, la cosa più impegnativa era mantenere costantemente l’ordine e la pace sociale, piuttosto che fare indagini per gravi reati.

C’erano sempre: risse, scioperi, disordini, dimostrazioni…  e  non vi dico gli anni successivi al 1968… Allora ero un giovane vicebrigadiere ed ero sempre comandato in servizio di ordine pubblico, lì in piazza a ricevere insulti e uova marce… quando andava bene.  Del resto non lo aveva detto Mussolini che, indisciplinati come sono, “governare gli Italiani è inutile”?

Ha replicato subito Angelo che come tutti gli insegnanti non ama essere interrotto, se no perde il filo:  - Buona osservazione, la tua. Su questa frase, detta da Mussolini ad un intervistatore tedesco, si è molto ricamato. L’hanno citata Andreotti e anche Berlusconi, in occasione della presentazione di un libro di Bruno Vespa.

Al pensiero di Vespa, che non gli è simpatico, Angelo ha divagato: - Ma Vespa, di libri, quanti ne scrive? e ne vende? Beato lui! Io ho scritto a suo tempo un paio di ottimi libri e son riuscito a venderne appena pochi ai miei studenti, che li hanno acquistati solo  per  obbligo scolastico. Scusateme pe’ la divagazione, ma c’ho come ‘n pungiglione de “Vespa” che me dà fastidio.

Poi Angelo ha ripreso il filo del discorso: - Berlusconi, dicevo, ha affermato di condividere il parere di Mussolini, però precisando che, più che inutile, è proprio impossibile governare gli Italiani a causa della loro indisciplina e riottosità. Del resto, se il nazismo di Hitler è stato una cosa seria, una dittatura terribilmente seria, ciò è dovuto alla disciplina e alla fedeltà dei Tedeschi.

Il fascismo è stato una dittatura da operetta, finita però in tragedia, proprio a causa dell’indisciplina degli Italiani, pochi dei quali ci hanno creduto fino in fondo;  ma, finché funzionava almeno un po’, tutti  hanno approfittato del fascismo, ognuno per il “suo particulare”. E di questo Mussolini era consapevole. E’ sempre stato valido il principio così bene espresso di recente dal senatore Razzi: “Fatti nu poco li c***i tua”, che è l’equivalente del guicciardiniano “suo particulare”.

La differenza è che Guicciardini aveva almeno una sua eleganza rinascimentale, Razzi ha una sua volgarità perfettamente in tono con i nostri tempi così volgari.

Ho concluso io: - Adesso mi spiego perché in questa terribile crisi, con disoccupazione e povertà crescenti e con corruzione diffusa e impunita, gli Italiani se ne stanno tranquilli, nemmeno protestano in piazza, ma tutt’al più fanno liti da pollaio nei talk show televisivi. Ci vuole disciplina fiducia e partecipazione collettiva anche per protestare, e ci vuole senso dello Stato per uscire allo scoperto a liberare lo Stato stesso dai parassiti, che lo sfruttano fingendo di governarlo. Ma per nostra fortuna questa diversità ci evita almeno le rivoluzioni sanguinose che stanno scoppiando qua e là nel mondo.

Ci siamo salutati con un arrivederci e il “Club dei 3 VIP - Viterbesi In Pensione” – si è provvisoriamente sciolto.

*      *     *

Tornato a casa ho riflettuto e ho concluso che noi Italiani siamo messi proprio male, ma è stato così quasi sempre, secoli di storia ce lo dimostrano, ed è normale che sia così.  

Normale? Si, quanto meno nel senso detto da Angelo. Però con la nostra furbetta arte di arrangiarci (Angelo la chiama genialità) ci siamo sempre salvati e perciò  “io, speriamo che ce la caviamo”  anche questa volta.

                                                                                                                   Aggì
(A.G.P.)

 

 

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