Viterbo AUGURI Direttò, visto che tutto l’anno se ne va in giro con un farfallino colorato al posto della cravatta, il giorno di Natale che si mette?
di Emma, una casalinga di Vetralla

 

Caro Direttore, non potevo esimermi dal farle i miei auguri ed ho trovato un momentino per Lei, anche se sono indaffaratissima.

E’ di nuovo Natale e questo assume un significato diverso per ognuno, a seconda del suo ruolo, del carattere e dei suoi compiti nell’ambito familiare.

 

I mariti ad esempio, come Bruno e Giovanni, si stanno “spendendo” in visite agli amici, riunioni maschili per gli auguri e gironzolano per mercatini e negozi tipici, comprando quintali di colesterolo e glicemia con cui intendono fare una strage durante le feste. Naturalmente pretendono di essere ringraziati per l’aiuto fornito all’organizzazione dei festeggiamenti.

I figli non sposati, sono scomparsi nel nulla già da una settimana, tra pizzate, discotecate, raid nella capitale, ecc.. L’unica testimonianza della loro sopravvivenza è ciò che noi mamme, quando ci alziamo al mattino, troviamo in quella che la sera precedente era una ordinata e mediamente pulita abitazione.

La prima volta ho pensato ci fossero stati i ladri. Poi ho riflettuto ed escluso che qualunque ladro, anche improvvisato, potesse fare tutto quel casino senza svegliare nessuno e lasciando pure il barattolo della Nutella aperto col cucchiaio piantato come la spada nella roccia. Questa è da sempre un’arte esercitata solo dai figli, che muovendosi leggeri come gatti, creano un turbine di asciugamani e tappetini sparsi in bagno, saccheggiano rovinosamente la dispensa, usando le più disparate posate e lasciando tracce degne di un banchetto di matrimonio.

Alla fine, mentre si ritirano nella tana, perdono berretti, portafogli, giacche e scarpe lungo il corridoio e, per una mamma, affrontare ciò che troverà al mattino aprendo la porta della tana, richiede una forza d’animo sovrumana, soprattutto per resistere alla tentazione di buttarci dentro un cerino acceso e bonificare definitivamente l’ambiente.

Si rinuncia solo perché, in mezzo a quell’ammasso di coperte scomposte, vestiti appesi al lampadario, scarpe spaiate e rifiuti elettronici, buttati a caso come in una discarica abusiva, si distingue la sagoma di un barbone dall’aspetto vagamente familiare e le mamme, si sa, sono pietose nei confronti dei… barboni.

La piazzetta è stata adornata di luminarie in maniera sobria e piacevole e, nonostante la crisi, ispira un sentimento di pace natalizia. Sentimento e sobrietà che si fermano fuori della mia porta di casa e di quella di Nena, grazie ai due infingardi che abbiamo avuto l’imprudenza di sposare.

Ieri eravamo così serene, dopo aver fatto la spesa insieme ed esserci messe, sempre insieme, a preparare panpepati e tozzetti in cucina da me. Volevamo pure fare un po’ di pasta al forno, da precuocere, surgelare e finire di cuocere a Natale, in modo da lavorare un po’ meno nel giorno di festa. Perciò, abbiamo chiesto a quei due figli di padre scappato di togliersi un po’ di torno ed andare a mangiare fuori, per consentirci di lavorare liberamente tutta la giornata.

Come sempre, quando le donne stanno insieme, un po’ lavorano e un po’ tanto chiacchierano, sovrastando l’audio della televisione, immancabilmente accesa per fare compagnia e dare spunto ai commenti supplementari.

Non abbiamo fatto caso più di tanto alle porte che ogni tanto si aprivano e richiudevano, ai rumori di trapano elettrico e martello, ai tintinnii che ricordavano le palline dell’albero di Natale. Si, ho rilevato che ogni tanto li sentivo confabulare sotto le finestre, ma senza aver voglia di pensarci. Nena, poi, infervorata come sempre e coperta di nuvole di farina a causa del gesticolare mentre parla, anche se ha le mani in pasta, non ci ha proprio fatto caso.

Eppure è andata due volte a mettere i biscotti nel suo forno elettrico. Possibile che non s’è accorta di niente?

Mah! Fatto sta, che quando s’è fatto buio e anche la lasagna se ne stava quieta a cuocere nel mio forno, ripulita alla meglio la cucina, ci siamo sedute per un meritato caffè coi tozzetti caldi.

S’è sentito il classico STOC! dell’interruttore generale che salta e siamo piombate nel buio, rischiarato solo dalle luminarie della piazzetta.

Una volta i due appartamenti erano serviti da un unico contatore perché i nostri genitori erano mezzi parenti e non avevano problemi. Quando Nena e Giovanni hanno ereditato l’appartamento e ci sono venuti ad abitare, abbiamo solo aumentato la potenza e lasciato le cose come stavano.

Pensando a un 11 forni, ho spento il mio e ho mandato Nena a fare altrettanto.

Sono scesa, ho risollevato l’interruttore e mi sono ritrovata in una girandola di luci multicolori. Nello stesso momento ho sentito l’urlo di Nena, poi il ciabattare giù per le scale. Abbiamo aperto contemporaneamente i portoncini e abbiamo visto i due beoti beati che si davano pacche sulle spalle, contenti come ragazzini.

La facciata di casa nostra sembrava la ruota panoramica di un luna park. Illuminava tutta la piazza, facendo scomparire le luminarie pubbliche, con un velocissimo e alquanto irritante gioco di intermittenze multicolori che impedivano a i due invertebrati di vedere le nostre facce rosse di rabbia.

Prese da un subitaneo sospetto, ci siamo voltate verso le scale interne ai due appartamenti e, come sospettavamo, la festa di luci proseguiva e si perdeva verso le sale da pranzo.

Ciuffi di muschio, fili d’argento, paglia e neve artificiale, sparsi sui gradini, non lasciavano dubbi sullo scenario che si sarebbe aperto davanti ai nostri occhi esterrefatti.

I fili luminosi formavano losanghe e volute per tutto il corridoio, si infilavano in sala da pranzo e circondavano la stanza, in cui i mobili, il tavolo e il divano erano stati  spostati ridisegnando l’arredamento secondo una logica perversa e inequivocabilmente maschile, per lasciare spazio al mega(lomane) albero di Natale e all’altrettanto enorme presepe. Il pavimento era coperto degli stessi residui che adornavano le scale, ma molto più calpestati e appiccicati. Una specie di pista da ballo di capodanno, dopo il brindisi.

Dagli insulti romaneschi degni di un coatto di borgata, urlati da Nena al di là della parete divisoria, ho capito che Giovanni era stato così imprudente da seguirla, pensando di ricevere un improbabile onorificenza per il risultato della sua bella pensata.

Bruno è più scaltro, ha preferito attendere che io ridiscendessi per fargli i miei complimenti!

Quando sono veramente arrabbiata, io non urlo, parlo tra i denti e sento fiamme che mi escono dagli occhi.

Sono ridiscesa lentamente, indecisa se finire al telegiornale o annunciare il divorzio, senza neanche la separazione e, cercando di ignorare i curiosi che stavano rimirando l’opera d’arte, mi sono piantata davanti a Bruno, ringhiando un: - Che diavolo hai combinato! Pensi di abitare la centrale dell’ENEL? O una discoteca?-

- Ma, AMOREE!!! Guarda che sono tutte lampade a led! Consumano un niente!-

- Se vuoi ancora vedere il tuo nome sul campanello, domani su questo muro dovrà esserci un terzo di quello che c’è adesso e penso che stasera deciderai ad andare a dormire da tua sorella, perché io devo rendere decente la casa, senza nessuno intorno. –

- Ti do una mano?-

E’ bastato uno sguardo e un ringhio sommesso per farlo salutare in fretta e scomparire verso casa di mia cognata.

Nena è apparsa sulla porta con in mano il pigiama, lo spazzolino e il dentifricio.

- Se me ospiti, te la do io ‘na mano. Da me ce pensa l’illuminotecnico!

Stamattina eravamo ritornate umane e, facendo colazione, ci siamo ammazzate di risate pensando alla nostra furia e alle facce interdette di quei due eterni ragazzini.

Quando ho aperto la finestra, sotto c’erano loro che risistemavano le luminarie e, chiamata Nena, ci siamo messe a spiarli, per sentire i commenti:

- A Giovà! Ma la tua se sarà calmata? Emma s’incavola sul momento, ma se la lasci perde, poi je passa. Nena faceva paura, pensavo che t’avrebbe menato!-

- Ma no! Ha fatto Caporetto, m’è corsa dietro per tutta casa col mattarello in mano, ma poi ha capito che era ora de finilla e s’è messa in ginocchio -

- E che ha detto? -

- Vigliacco! Esci fora da sotto er letto! –

Ha capito Direttore, ci sfottono pure!

Beh! E’ora di pensare alla cena e quindi Le lascio i miei auguri e un quesito che mi gira in testa da un po’:

Ma, Direttò, visto che tutto l’anno se ne va in giro con un farfallino colorato al posto della cravatta, il giorno di Natale che si mette? La stella cometa?

Emma, una casalinga di Vetralla

Stuzzicato da Emma, una casalinga di Vetralla, rispondo.

E' vero Emma, tutto l'anno vado in giro con il fiocco al collo e a Natale porterò al collo la stella cometa, come dici te, quella stella che conduce alla capanna di Quello che rivoluzionerà il mondo!

Un abbraccio

Mauro

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