Viterbo STORIA VISSUTA E... UNA RICETTA
Maria Antonietta Ellebori

Se la settimana è stata particolarmente pesante, se ti sei svegliato/a maldisposto/a e contrariato/a, leggi questo “spaccato” di quotidianità del dopoguerra; il confronto con l’attuale ti farà sentire più leggero/a e ritornerà il buonumore.

Al mare con pizza rossa ed acciughe

Per noi bambini del dopoguerra, l’estate iniziava dal giorno dopo la chiusura della scuola.

La mamma ci portava dal calzolaio, che aveva una piccola bottega lungo la strada principale, e ci comperava gli zoccoli di legno con un po’ di tacco (e questo ci faceva sentire più grandi), che avremmo calzato per tutta la stagione.

Poi faceva il cambio dei vestiti, che erano soltanto tre: due per i giorni feriali ed uno per la domenica.

Ogni sera, quando ci spogliavamo, lei toglieva il vestito sporco per lavarlo ed adagiava sulla sedia quello per il giorno dopo, insieme alla biancheria intima pulita.

Quando il caldo si faceva sentire, era rigorosamente obbligatorio fare il riposino dalle 14.00 alle 16.00 circa.

Ci svegliava la voce e la trombetta di “Zio Remo”, che arrivava con un triciclo adattato a gelateria e con una lira dava un cono di cioccolato o di crema o di limone.

Ogni tanto strillava “Me ne vado … me ne vado!”, ma non se ne andava mai …

Pur non avendo noi tanto da “scialare”, la mamma trovava sempre la liretta per il gelato, che leccavamo piano piano per farlo durare più a lungo, tanto che il sapore rimaneva nel palato per tutto il pomeriggio.

Poi, verso le diciassette, andavamo al mare, che non distava molto da casa nostra, visto che abitavamo nella periferia della città di mare* che soltanto qualche anno prima era stata quasi rasa al suolo dai bombardamenti.

Già da lontano, annusavo l’intenso odore di iodio emanato dalle alghe sugli scogli scoperti dalla bassa marea.

Dapprincipio, potevamo bagnare soltanto i piedi, così che ci divertivamo a cercare i piccoli granchi sotto gli scogli fino al tramonto.

Soltanto dopo la prima settimana, andavamo al mare fin dal mattino … ed era una meraviglia.

Al mattino la natura, qualunque essa sia, campestre o marina, è diversa: comunica delle emozioni impensate, anche nell’animo di una bimbetta di cinque anni quale io ero.

Tanto è vero che ancora le ricordo.

L’unica spiaggia accessibile e con un po’ di sabbia era situata lungo le mura esterne del cimitero monumentale, pertanto noi bambini venivamo portati lì.

Sguazzavamo in un palmo d’acqua, perché oltre non c’era permesso andare; era usuale intravedere, nell’acqua limpida e trasparente, qualche pezzo di lapide con un mezzo nome ed una data, residui del momento bellico che aveva colpito anche il camposanto.

Ogni tanto le mamme, che indossavano le caratteristiche vestagliette cucite in casa, intimavano ai figli di uscire, ma sembrava che i bambini, all’unisono, fossero diventati tutti sordi.

Soltanto la fame faceva ritornare l’udito ed a mezzogiorno eravamo tutti fuori dall’acqua … con le mani ed i piedi “lessi”.

Improvvisamente cominciava il tramestio di piatti e stoviglie: chi aveva la zuppa, chi la pasta e fagioli, chi i panini con la frittata, ma la mia mamma portava sempre la pizza coperta con i pomodoretti e le acciughe, che preparava il giorno prima e fredda era ancora più buona.

Era proibito ritornare in acqua prima che fossero trascorse due ore, pertanto io avevo sempre la mia borsetta di tela con il giornalino “il Corriere dei Piccoli”, che mi comperavano ogni settimana e sul quale ho imparato a leggere già prima di andare a scuola.

Ricordo ancora le avventure di “Bibì e Bibò”, “il signor Bonaventura”, “la Tordella” e tanti altri.

Il mio costumino, come quello dei cuginetti, era di lana, rimediato da un vecchio maglione; man mano che asciugava sentivamo la pelle tirare e pizzicare, ma il fastidio era prevaricato dal senso di libertà e beatitudine che stavamo provando e che … chissà quando si sarebbe ripetuta.

Nel crepuscolo, dopo aver indossato i vestiti asciutti, ci incamminavamo verso casa; ogni volta avevamo qualcosa di diverso da portare via: una conchiglietta, un sasso dal colore particolare.

Ma tutti portavamo lo stesso ricordo: le emozioni di una giornata da poter rivivere con il pensiero, prima di addormentarci.

*Civitavecchia

Episodio tratto dall’opera “I profumi semplici della vita” di Maria Antonietta Ellebori

Preparazione della pizza:

Si scioglie il lievito in acqua ed un po’ di latte caldi, un pizzico di sale e mezzo bicchiere d’olio.

Si lascia crescere per circa due ore.

Si stende con il matterello la quantità necessaria a ricoprire una teglia con carta da forno.

Lo spessore della pasta deve essere sottile.

Si cosparge di pomodoretti a pezzetti piccolissimi, di aglio tritato fine fine, di prezzemolo, di peperoncino ( a piacere) e si aggiungono le alici sotto sale diliscate ed a pezzi grossi.

Si irrora di olio.

Si Stende una pasta uguale alla precedente, sottile sottile, e si copre il tutto, spingendo intorno ai bordi per saldarli.

Si bucherella con una forchetta e si unge appena di olio.

Si inforna a fuoco ben caldo e si lascia cuocere per circa 30 minuti a 180° sul termostato, finché la pizza non diventa di un bel colore dorato.

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

Salva

chi è on line

Abbiamo 901 visitatori online

 

 I libri

di Mauro Galeotti

 

Cartonato - pag. 246 - euro 25,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it

Cartonato - pag. 808, a colori
da euro 120,00 a euro 80,00
in esaurimento, per l'acquisto
scrivere alla email spvit@tin.it