La Chiesa di santa Croce a Faul cade a pezzi, ora è crollato il tetto accanto al campanile, poi cos'altro cadrà ancora?

Viterbo LA STORIA CHE SE NE VA
Mauro Galeotti

Non so se ve ne siete accorti la Chiesa di santa Croce, a Viterbo, sulla Valle di Faul, ha subito un altro crollo del tetto, quello vicino alla sagrestia e al campanile, un altro pezzo della nostra storia che è andato in briciole, mai più recuperabile.

La nostra storia va a pezzi!

Quello che più mi fa rabbia è che non se ne cura nessuno, è un bene comune, anche se la chiesa appartiene a Marco Pulcinelli, imprenditore di Vasanello e ad una ditta norvegese, ciò non autorizza l'atteggiamento dello struzzo di chi ci amministra.

E' assolutamente necessario un intervento del Comune di Viterbo, un colloquio, un accordo con i proprietari per aiutarli al recupero e riutilizzo di quel bene che troppo tempo ha atteso e stanco si sta auto distruggendosi.

Chi ignora la nostra storia, la storia dei nostri monumenti perde il rispetto di se stesso e dei nostri avi.

E' come rinnegare i nostri genitori, le nostre origini.

Fino a che non tratteremo i nostri beni culturali come le pareti di casa nostra, non capiremo mai il loro valore, il loro prestigio.

Peccato!

Intanto a te che mi leggi e che sei interessato alla salvaguardia dei nostri monumenti e della Chiesa di santa Croce sulla Valle di Faul ecco la sua storia... e di storia ce n'ha!

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La Chiesa di santa Croce a Faul

Sulla Valle di Faul, verso la Città è la Chiesa di santa Croce a Faul con campanile a forma triangolare, unico a Viterbo. Sin dal 1206 è menzionato l’Ospedale di santo Spirito, che nel 1341 viene distinto con un de Fabuli. Era ben attivo nel 1275 e 1276, allorquando vi erano rifugiati i trovatelli, per i quali venivano fatte donazioni per una migliore assistenza. Attraverso la storia della chiesa trovo nominato varie volte un chiostro a partire dal 1357 sino al 1436.

Nel 1363 venne concesso un legato alla Chiesa di santo Spirito per la realizzazione di un tabernacolo in argento e per una pittura raffigurante lo Spirito santo.

Prese, poi, il nome di santa Croce quando, nel 1400, vi si stabilirono i Padri Crociferi. Giuseppe Signorelli li colloca nella chiesa dal 1436 e li cita ancora nel 1473. A quest’ultimo anno, il medesimo storico afferma che risaliva una tavola, ormai perduta, opera di Francesco d’Antonio, detto il Balletta, eseguita su incarico del priore della chiesa.
L’Ospedale aveva assunto una non indifferente importanza, tanto che nello Statuto del Comune del 1469 fu stabilito di elargire al medesimo quattro lire mensili.

I Crociferi la cedettero nel 1480 alla Confraternita della Misericordia che era stata istituita nel 1479, anno in cui fu redatto lo Statuto. Quest’ultima aveva per fine caritatevole quello di assistere e confortare i condannati a morte, accompagnarli all’esecuzione e seppellirli.

Nel 1480 venne concesso un legato alla Cappella di sant’Agnese e lo stesso, nel 1524, a quella della beata Vergine.
Nel 1480, alla Confraternita della Pietà, venne concesso l’uso di una sala inferiore, posta dietro l’altare di santo Spirito, in cambio dette tre libbre di cera. Cinque anni dopo, per adattare quel locale all’uso della suddetta fratellanza, fu lasciato un legato.
Per ornare la chiesa, nel 1520, fu venduto un terreno e, con l’occasione, vennero realizzati i banchi per comodità dei fedeli.

Nello stipite della porta vi era riportata la data 1530 e sull’architrave erano scolpite le teste del Salvatore affiancato dagli apostoli e sant’Angelo con la spada, oggi l’insieme è conservato al Museo civico.
Verso il 1531, dopo l’abbandono della chiesa da parte dei Crociferi, anche la Confraternita della Misericordia si trasferì nella prossima Chiesa di santa Maria della Ginestra. L’Ospedale fu riunito con gli altri ospedali della città.

Il piano stradale, prima del 1538, era più basso e sembra sia stato elevato per allontanare l’umidità. Nel 1538 venne deliberato di impiantare un nuovo Ospedale di santo Spirito e fu disegnato un prospetto in cui si vedono la facciata e il fianco sinistro della chiesa, disegno pubblicato sul Bollettino municipale di Dicembre 1934.

Così, nel 1539, fu aperto l’Ospedale della Misericordia, detto anche Spedale maggiore del Comune. Poi, nel 1541, fu demolito l’arco della Chiesa di santa Maria Maddalena per portare a termine la costruzione dell’Ospedale di santo Spirito e nello stesso anno, nei pressi, fu concesso un terreno ove venne aperto un cimitero, dove venivano sepolti i morti dell’ospedale, lo ricorda Gaetano Coretini nel 1774.

La posizione del cimitero è ben visibile nella Pianta di Viterbo di Tarquinio Ligustri del 1596.
Nel 1545 il vescovo Niccolò Ridolfi denunciò lo stato di pericolo per le infezioni, in cui si trovava l’Ospedale ed ordinò ai priori di farlo abbandonare. In seguito, nel 1585, fu concesso all’Arte della Seta.
Si giunge al 1591 allorquando il locale vecchio, ove agiva l’Ospedale, fu ridotto a magazzino ed era talmente capiente che poteva contenere fino a duemila some di grano.

Papa Paolo V, il 1° Giugno 1615, in occasione della terza Festa di Pentecoste, concesse alla chiesa, l’indulgenza plenaria. Nel 1785, dal Comune, venne dato ai fratelli dell’Oratorio di santa Croce, «un piccolo sito nel Piano di Faule presso il medesimo Oratorio per costruirci una Sagrestia a magior commodo de detti Fratelli».

Nella sacrestia della Chiesa di santa Croce era un quadro su tela, ove era raffigurato il miracolo avvenuto nel 1828, quando un grosso masso si staccò dalla rupe della Via del Pilastro, allora detta Strada della Carogna, e cadde sulla via poco dopo il passaggio della Processione delle Rogazioni, che si teneva prima dell’Ascensione in favore del raccolto nelle campagne.

Sono ancora visibili, dalla parte della strada che conduce a Porta Faul, una serie di archetti, con le cornici in parte scalpellate, memori di antichi utilizzi dei locali sottostanti la chiesa, infatti, secondo Pinzi ivi si apriva l’ingresso dell’Ospedale. I medesimi locali, alla fine dell’800, furono utilizzati, quali magazzini, per la conservazione della canapa.

Sulla facciata erano scolpiti tre monti con sulle cime altrettanti croci, era questo lo stemma dell’Ospedale del Comune derivato da quello di san Sisto. Vi era inciso l’anno MCCCCCXXXIX.
Una pietra, murata sulla facciata a destra della porta d’ingresso, con la scritta Elemosina per li poveri malati, presentava una fessura che serviva per raccogliere le offerte. Cesare Pinzi ricorda di averla vista alla fine dell’800.

Oggi la chiesa è in assoluto stato di abbandono, da Premiata fabbrica di fiammiferi in cera e legno della Ditta Ascenzi, che in una cartolina del 1907 trovo sotto la denominazione Unione industriale fiammiferi – Milano – già Ascenzi Viterbo, fu adibita a centro di raccolta per carta da macero. E a proposito, assieme a mio padre Vinicio, negli anni ‘60 e ‘70, ho potuto raccogliere centinaia e centinaia tra documenti, manifesti, libri e opuscoli, portati alla certa distruzione da vari enti pubblici e privati.
Quei preziosi reperti hanno arricchito notevolmente la mia raccolta di cose viterbesi. Ringrazio, ora per allora, mio padre, che ho sempre nel cuore e che ora è nei prati azzurri del cielo e Ferdinando Puccioni, detto Fiore, proprietario del macero, che ha sempre coadiuvato e apprezzato la mia ricerca di memorie locali.

Per l’incuria, in questi ultimi anni è crollata la parte anteriore del tetto della chiesa, lasciando scoprire all’interno le due grandi colonne che sostengono la capriata che, a sua volta, sorregge con precarietà il tetto.

Il soffitto aveva le pianelle decorate con fiori riprodotte in un disegno da Andrea Scriattoli.

 

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