Papa Pio XII

Viterbo STORIA
Andrea Stefano Marini Balestra

Da tutti descritto e nominato come il “papa romano”, perché nato al centro di Roma il 2 marzo 1876, benché la sua nobile famiglia fosse originaria di Onano, nell’Alta Tuscia.

Suo padre, Filippo Pacelli avvocato rotale, ma anche consigliere comunale a Roma dopo la fine del non expedit di Leone XIII (“patto Gentiloni Silvery”) era il secondogenito del principe Marcantonio Pacelli (nato ad Onano il 15 aprile 1802, fu ministro delle finanze di Gregorio XVI e degli interno di Pio IX, poi fondatore de “L’Osservatore Romano) viveva a Roma, ma la loro famiglia restò sempre legata alla loro terra d’origine.

Il 13 dicembre scorso, in occasione della solenne Messa cantata celebrata da S.E. il Cardinal Mamberti nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia per la Commemorazione del 10° anniversario delle eroicità delle virtù del Venerabile Pio XII, meglio definito “Pastor Angelicus”, è stata tratteggiata la figura di questo Papa centrale nella storia del secolo passato.
Eugenio Pacelli fu profondo uomo di Chiesa, consacrato vescovo nel 1917, fu completo conoscitore della Curia romana avendo collaborato con Papa Benedetto XV e Pio XI.

Elevato al soglio di Pietro alla vigilia della II Guerra mondiale, nel turbine degli eventi, resse la barra dritta nel governo della Chiesa. Fu per me il papa degli anni giovanili, con il suo insegnamento fui preparato alla prima Comunione. In quegli anni '50 ebbi in sogno proprio Lui, papa Pio XII, in atto chiamarmi a sé. Ricordo, e mi commuovo ancor oggi, di ricordare il suo amabile atteggiamento a braccia aperte come per accogliermi. Veramente un: “sinite parvulos venire ad me” Sì, proprio le stesse braccia aperte che stese al popolo romano dopo il bombardamento a S. Lorenzo nel luglio del '43.

Vera ed unica autorità morale e politica durante l’occupazione di Roma, guida non solo dei cristiani, ma di tutta la martoriata nazione italiana.
Fu detto poi che era compromesso con i regimi del suo tempo, che sapeva, ma non disse, che era un reazionario che non comprese i tempi che cambiavano.

Tutto falso.

Fu invece un fine diplomatico ed un fine giurista.

“Lento pede” come tradizione della Chiesa, introdusse innovazioni liturgiche, avviò l’uso della lingua nazionale nella celebrazione della Messa, istituì la messa vespertina prefestiva e concepì la necessità della convocazione di un Concilio che poi il suo successore portò a compimento. Potenziò la comunicazione della Chiesa con i nuovi media della radio e della televisione. Le sue allocuzioni e benedizioni furono al tempo udibili e visibili in mondovisione “urbi et orbi”.

Proclamò il dogma dell’Assunzione della Vergine Maria, proclamò santa Maria Goretti rivalutando il valore della donna nel cristianesimo.

E’ oggi ancora pendente il processo canonico di beatificazione sollecitato dalla Compagnia di Gesù.
Nonostante la sua innata regalità di portamento ed azione, visse modestamente.

Morì a Castelgandolfo il 9 ottobre 1958. Un’immensa ala di folla accompagnò il feretro sulla Via Appia dai Castelli al Vaticano.
Alla celebrazione liturgica di Commemorazione hanno partecipato membri della famiglia Pacelli uniti a quanti ne invocano la rapida conclusione del processo canonico di beatificazione.
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