Cellere Piazza del mercato negli anni '40 (Archivio Mauro Galeotti)

Cellere STORIA
Mario Olimpieri

Buongiorno Mauro, oggi un racconto su come si viveva una volta il mese di dicembre a Cellere, ma anche negli altri paesi. Buona domenica a te e ai fedeli lettori. Mario

Il dicembre cellerese negli anni Quaranta e Cinquanta

Dicembre è un mese un po’ strano perché per un verso ci parla di vita, della nascita di Gesù Bambino, ma nello stesso tempo si manifesta anche come un mese di morte, e questa riguarda in particolare degli innocenti animali che devono essere sacrificati per il nutrimento di numerose famiglie.

Sono davvero tante quelle che posseggono un maiale e, dopo tanti mesi d’ingrasso, gli hanno fatto raggiungere un notevole peso e perciò, adesso che è dicembre, si può uccidere la grassa bestia, essendo questo il mese adatto perché di temperatura rigida e privo di mosche e d’insetti vari.

Nel primo mattino bisogna condurre il proprio maiale all’ammazzatoro (mattatoio-dove adesso c’è il Museo del Brigantaggio), e allora si assiste a un lento e sinuoso corteo di suini per le strade del paese; i loro padroni sono provvisti di un secchio con un po’ di granturco, e gli animali li seguono affamati perché la sera precedente non sono stati governati (non hanno mangiato), dovendo essere uccisi a stomaco e intestino vuoti.

I proprietari di maiali grassi e pesanti avanzano orgogliosi della loro bestia, e quelli con animali un po’ più magri sembrano vergognarsi dinanzi agli occhi indiscreti. Un uomo, passando dinanzi alla casa della comare, quasi si scusa per il suo maiale non eccessivamente grasso: “Lo vedete commà, quest’anno pare che j’hanno fatto l’occhiaticcio, è rimasto più ciuco (piccolo); quello dell’anno passato era tutta ‘n’altra cosa!”.

E lei, in tono incoraggiante, risponde: “Ma via, che pure questo è bello, e hae voja a magnà! Magara ce l’avrebbe io; lassa sta’ che è ‘na bella grascia de casa! (ricchezza)”.

All’ammazzatoro, in grandi recipienti, è già pronta l’acqua bollente per ben pelare i maiali; due squadre di uomini nerboruti sono pronti all’uccisione a catena degli animali già spaventati e che lanciano nell’aria i loro disperati urli che causano una certa impressione, e sembra di essere entrati in una bolgia infernale. C’è chi scanna, mentre il proprietario è pronto a raccogliere in un secchio il sangue che poi tratterà per renderlo gustoso, c’è chi pela, ossia priva la cotenna di tutte le setole, chi spacca in due parti il maiale e chi sistema la palatura (interiora) nel mesarello (tavola rettangolare incavata).

Tra questi maiali c’è anche il mio, e meno male che i bambini non li fanno entrare, altrimenti assisterei a qualcosa di tragico che mi potrebbe sconvolgere; i miei occhi dunque non vedono nulla, ma le orecchie tutto sentono e tutto trasmettono al mio infantile cervello, e vi assicuro che c’è proprio da spaventarsi.

Allora perché non vado via e rimango invece in trepidante attesa? Perché sto aspettando che mi portino la buscica, con la quale mi divertirò a gonfiarla, come fosse un magnifico palloncino.

I non celleresi si chiederanno: “E che cos’è la buscica?”. Niente di strano perché anche i bambini di Cellere non si rendono conto di che cosa sia esattamente la buscica, che altro non è che la vescica del maiale.

L’anno scorso mia madre non volle che io giocassi con questa parte anatomica del maiale e mi confuse ben bene dicendomi che il maiale era femmina e che non aveva la buscica. A imbrogliare un bambino è molto facile, infatti io ci credetti come un micco, e per me l’uccisione del maiale diminuì d’interesse, anche perché non potevo rifarmi con gli sgraditi fegatelli.

Ma finalmente le porte dell’ammazzatoro si aprono e i maiali ben custoditi vengono portati via. Un uomo sta conducendo con una certa difficoltà il carrettino della pesciara (venditrice di pesce) con sopra il suo maiale; il mio è stato caricato sopra un carretto, e ora lo porteremo davanti casa per ben sistemarlo nella scaletta; durante il tragitto, tutto trionfante, mostro "a le munellette" (bambini) che incontro la mia bella buscica.

Nella giornata della mattanza, al di fuori di molte case si assiste all’orgogliosa esposizione dei maiali ben vigilati affinché nessun cane si avvicini a far danno.

Nelle case è una vera festa: si prepara il sanguinaccio, cioè il sangue rappreso del maiale, condito in varie maniere, con la cipolla, con lo zucchero o con lo zibibbo. Sulla brace si cuociono i fegatelli avvolti nella ratta (velo grasso del maiale) e conditi con sale e finocchio, poi si mangia il tutto allegramente, accompagnandolo con un fiasco di vino, cavato fresco in cantina.

Il giorno seguente viene spezzato il maiale in più parti e fervono i preparativi per preparare corone de rocchie (salsicce) e per cuocere braciole e scamorrite (costole del maiale): la macchinetta per tritare la carne si chiede in prestito a Celestone, che le possiede più di una e poi viene ricompensato o con soldi o con salsicce.

I grandi hanno atteso da tempo questi giorni di gaudio mangereccio, ed anche i bambini, sia per il motivo già spiegato sia per gustarsi anche loro qualche buon rocchietto, anche se sono invitati a farci a zico (risparmiare il companatico).

Un altro pasto che gradisco in particolar modo è quello collettivo attorno alla "spianatora", dove una grande polenta bianca, simile alla luna piena, viene tagliata a fette con il filo di cotone e poi mangiata con gusto, soprattutto se accompagnata dal solito rocchietto.

E che dire infine della panunta?

Due belle fette di pane insaporite dalle gocce di grasso delle salsicce in cottura infilate nello spito (spiedo): roba da leccarsi le dita!

 

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