Un momento dell’inaugurazione della targa con Giulio Marini

Vincenzo Ceniti, Console Touring

A Viterbo in queste serate di afa uno dei ritrovi più gettonati è piazza della Morte (dal nome dell’omonima confraternita) dove si concentrano fino a tarda notte decine di giovani e non per apericene, cene, pizze, bevute, discussioni e qualche scazzottata.

All’inizio di vicolo dei Pellegrini (che sale a piazza del Gesù presso le scalette del ponte del Duomo) si fa notare una epigrafe in marmo e in latino, provvidenzialmente tradotta in italiano dal Touring Club nel 2013 ai tempi del sindaco Giulio Marini (con il sostegno della Provincia di Viterbo e dell’Associazione Guide Turistiche). 

L'epigrafe in una foto di qualche tempo fa (Archivio Mauro Galeotti)

Parla di una coppia di sposi d’altri tempi, Guido e Diletta. Timorati di Dio, casa e chiesa, vissuti molti anni fa (XII sec) quando la città già si chiamava Viterbo e da castrum era diventata civitas.     

Si sono amati come Cristo comanda e come si sapeva fare allora, in spirito, fedeltà, pace e  pazienza. Ma hanno amato soprattutto gli altri, tanto da trasformare la loro modesta abitazione al civico 2 di quel vicolo in ospizio per accogliere i viandanti diretti a Roma a ricevere perdoni e indulgenze. 

Pensavano così di potersi guadagnare il Paradiso ed evitare le tribolazioni dell’Inferno sempre in agguato. Non solo. Nel loro testamento hanno lasciato la casa alla comunità religiosa del posto a condizione che non venisse mai cambiata la destinazione d’uso. In caso contrario  sarebbero scattate  le maledizioni di  Dio, della Madonna,  degli apostoli e di tutti i santi.                   

Nel 1301 l’ospizio venne donato all’Arte dei Calzolari da un certo Lucido di Guido e continuava ad avere per fine caritatevole l’assistenza e la cura dei pellegrini.

Nel 1514 era chiamato Hospitale delli calzolari e nel 1575 fu restaurato dalla stessa Arte come testimoniava uno stemma riproducente  tre suoi arnesi da lavoro, sotto era una scritta, in un cartiglio. 

Agli inizi del Seicento l’Ospizio o Ospedale dei Pellegrini era conosciuto come  Ospedale di san Protogenio nelle Sacre Visite del vescovo Muti: Era dotato di dieci letti e ospitava fino a tre sere anche i vagabondi. Nel 1637 tornò ai Calzolari, ma era sprovvisto di biancheria e materassi, fino a quando non fu acquistato da privati.

Stefano Camilli, nel 1840, scrive: “Fin dall’epoca delle Crociate fu in Viterbo destinato un locale che servisse di alloggio ai Pellegrini che si recavano in terra santa. Questo locale, che conserva in oggi il nome di Spedale de’ Pellegrini riceve  e dà asilo a poveri viandanti specialmente, che si recano alla visita de’ Santuarj”. 

Alla fine dell’Ottocento era adibito a pubblico dormitorio per i poveri privi di dimora, iniziativa presa dal sindaco Giuseppe Bazzichelli, sindaco di Viterbo nel 1861. Nel 1923, il proprietario dell’ex ospizio, Giuseppe Pincellotti, ottenne l’autorizzazione per la ristrutturazione della casa sopraelevandola, aprendo sulla facciata una loggia e varie finestre con buona pace di Guido e Diletta. 

Ecco il testo in italiano dell’epigrafe:

Io Guido e mia moglie Diletta per la redenzione dell'anima nostra, dei nostri parenti e di tutti i fedeli, doniamo questa casa per farne un ospizio dei pellegrini con ogni sua dipendenza ai servi dei servi di Dio, in perpetuo, senza nessuna restrizione. 

Nessun vescovo, o abate, o altra persona, abbia potere di disporre o asportare alcunché da questo luogo, senza il parere di tutti i chierici e laici maggiori e minori di questa città. 

Se alcuno vorrà fare altrimenti, sia maledetto da Dio onnipotente, dalla beata Vergine Maria, dagli angeli, dagli apostoli e da tutti i santi e sia condannato insieme a Giuda, Pilato, Anna, Caifa, Dathan, Abiron, Erode e tutti quelli che dissero al Signore Iddio allontanati da noi fiat, fiat. 

Ordiniamo poi a chi possiederà questa casa che secondo la loro possibilità celebrino la festa della Vergine Maria e di san Giovanni Evangelista.

La targa Touring con la traduzione

 

 

 

 

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